La storia- tratta da “Voglio scrivere per Vanity Fair”
Come si fa a sopravvivere, in tempo di crisi, senza abbattersi e senza privarsi delle piccole cose che danno quel tocco speciale a giornate tutte uguali? Ce lo racconta Emma T., dove la T. sta per Travet, cognome piemontese assai comune, niente a che vedere con Emma Thompson.
Ha ventisei anni, abita in Italia, in una città di provincia toccata dalla crisi dell’auto, vicino a Torino, dov’è nato uno dei primi locali gay d’Europa. Di lavoro fa la giornalista pubblicista, quasi giornalmente sfruttata dal suo capo, Mr Vintage (non perchè sia cool, ma perché indossa solo capi datati che odorano di naftalina, come il suo pensiero). Alzarsi al mattino e rinchiudersi tutti i giorni (sabato mattina compreso) in una redazione locale non è il massimo. Sarebbe meglio scrivere per Vanity Fair, al quale invia, da due anni a questa parte, un curriculum a settimana. Prima o poi, almeno per sfinimento, confida che qualcuno le risponda.
Nel frattempo continua a scrivere su La Voce del Monviso e sul magazine per i giovani della zona New Mag. E per arrotondare s’improvvisa, a volte, copywriter (ri-go-ro-sa-men-te in nero) o scatta foto artistico-glamourous a sua nonna Olga Dionigia, la modella preferita per gli shooting che inventa insieme al suo amico stylist Wolfango, per poi venderli ad una rivista inglese, a cui piacciono queste cose artistico-contemporaneo con contaminazione fashion.
Sognatrice ma attenta alle spese, si barcamena nella vita di tutti i giorni con una buona dose di ironia e di inventiva, tra neo-marito, famiglia, amiche e amici di vecchia data e lavoro ultra-flessibile. E mentre sforna articoli su fiere paesane e interviste a semi-sconosciuti, sogna di scrivere per Vanity Fair. Ce la farà la nostra “eroina” a varcare la soglia dell’ufficio del direttore?
La storia di una ragazza normale, come ce ne sono tante, che tra avventure e disavventure, con spirito di iniziativa e inguaribile ottimismo segue le sue aspirazioni. Uno stile fresco e dinamico, quasi un diario in presa diretta, o una sceneggiatura, con immagini e situazioni tratte dalla vita di tutti i giorni, viste attraverso gli occhi di chi si definisce “precaria, sì, ma con stile”.