
Ieri Linkedin mi ha segnalato che sono 9 anni di vita del progetto Emmat e di “Voglio scrivere per Vanity Fair”.
Se me l’avessero detto 9 anni fa, non ci avrei mai creduto. E, INVECE, eccoci qui, io&Emma, più vispe che mai e intenzionate a ispirare le nostre coetanee, INCASINATE SI’, MA CON STILE. Quindi, oggi, caffè e chantilly per tutte!
Festeggiamo anche il mio pezzo “Cosa ho imparato quando il mio alter ego in Rete è diventato più famoso di me” sul blog del mitico Luigi Centenaro. Vi pubblico un estratto:
E cosa c’è stato tra Myspace, gli sticker appiccicati in mezzo mondo e i video di oggi suFacebook e Snapchat? Un romanzo di carta, un e book con collegamenti iperstestuali che rimandano al vintage shop on line su Depop e alle foto su Instagram, la versione americana auto pubblicata su Amazon, due blog, la ricerca di sponsor, tante presentazioni, interviste, eventi in mezza Italia e persino Londra e New York. È accaduta, però, una cosa inaspettata:
Emma Travet
è diventata più famosa di me
Il progetto di brand content che avevo costruito attorno a lei , attraverso delle attività sia online che offline, ha funzionato molto più di quanto mi aspettassi: ammetto che all’inizio è stato realizzato senza una vera strategia di fondo. Ho seguito semplicemente il mio istinto e la sticker art dell’americano Obey The Giant (Shepard Fairey), il nano girovago di Amélie, le Guerrilla Girls, raccontando le storie di Emma Travet (ancora prima di aver trovato un editore), su Facebook, creandomi un pubblico che, una volta pubblicato il romanzo, veniva con stupore a incontrarmi alle presentazioni, vedendo Emma in carne ed ossa, la stessa che rispondeva a tutti, anche in privato sui social, firmandosi come emmat.